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La psicologia dei popoli - il legame tra genetica, psicologia e geopolitica - People psychology

Updated: Mar 18, 2023

The link between genetic, psychology and geopolitic


English version below


Sono capitata un po' per caso su questo articolo di "ll Tascabile" intitolato "Dario Fabbri - L'incompreso" https://www.iltascabile.com/linguaggi/dario-fabbri-lincompreso/ , e riunisce in se' talmente tanti temi assolutamente centrali nella composizione del mio pensiero, che non posso fare a meno di cogliere questa occasione per esprimere le mie riflessioni, se volete le mie teorie, a proposito.

Scelgo una scorciatoia: non un'analisi omogenea del tutto, ci vorrebbe almeno un libro per esprimere in modo coerente sia il contesto che il contenuto che il legame tra i vari temi trattati, ma una risposta "ad-hoc" ad ogni spunto dato dall'articolo. Per una rappresentazione piu' olistica e scorrevole dei concetti che voglio esprimere qui ci sarà, forse, un'altra occasione.


Cosa occupa la mia mente ormai da anni? Qual'è il centro dei miei pensieri? Semplifichero' dicendo che si tratta dell'analisi e della comprensione del legame tra biologia ed azioni umane, e per essere piu' chiara ed evidenziare qualche passaggio intermedio, piu' precisamente il legame tra biologia, intesa come genetica, e psicologia, tra antropologia e filosofia, tra psicologia e geopolitica. Tra genetica e geopolitica.

Ritengo sia arrivato il momento di parlare di "psicologia geneticamente personalizzata", perchè la psicologia ha un chiaro legame con la nostra genetica, e la nostra mente e le nostre reazioni vengono influenzate in modo diverso a seconda del rapporto tra la nostra genetica individuale e gli avvenimenti e ambienti esterni a cui siamo esposti. Due genetiche diverse risponderanno allo stesso evento esterno in modo diverso. Perchè lo leggeranno in modo diverso. O meglio. La stessa genetica plasmata in due modi diversi, con un imprinting diverso, risponderà alla stesso evento in modo diverso. E visto che di "categorie genetiche" (semplifico), non ce ne sono due ma molte, X persone (o X popoli) diversi avranno una visione e una risposta diversa allo stesso evento esterno, a seconda di cosa ha contribuito a creare il loro imprinting psicologico. E la maggiorparte avrà difficoltà a capire il punto di vista dell'altro, in quanto incapace di pensare come l'altro e capirne le necessità profonde. Ma sto' divagando, o meglio lanciandomi su un tema che rischiederebbe una piu' accurata spiegazione, che non intendevo dare qui.

Vorrei cominciare dicendo che io, Dario Fabbri, credo di capirlo, almeno in parte (spero che lui mi conceda questa presunzione), a differenza di quanto afferma l'aggettivo del titolo dell'articolo a cui mi riferisco. E questo, già per cominciare, potrebbe essere un segno che cio' che "noi pensiamo che tutti pensino" non è in realtà cosi' ...come noi pensiamo. Chi ha detto che Fabbri sia incompreso. Incompreso da chi? Certamente da molti, concordo. Ma proiettare quello che è vero per una persona anche alla totalità della società è un'errore alla base di molti nostri problemi. O quantomeno di quasi tutte le nostre azioni.


Vorrei elaborare dicendo che cerchero’ di dare risposta ad alcune delle interrogazioni che l'autore si pone, questioni dove sembra non trovare una risposta coerente, o dove, come egli dice, lo stesso Fabbri "glissa". Comprensibilmente. Sono temi che definirei scottanti. Scabrosi. La genetica della psicologia degli individui, e dei popoli...capite come cio' possa essere qualcosa di delicato, quasi pericoloso…e ad oggi, indimostrabile.


Cominciamo con le affermazioni riportate nell'articolo: "La geopolitica di Fabbri sostiene una perfetta coincidenza tra comportamento delle nazioni e comportamento dei singoli, tra psicologia sociale e psicologia individuale, tra uno e molti".

Qui Fabbri mi trova parzialmente d'accordo. Cosa intendo. C'è in effetti una coincidenza tra il comportamento delle nazioni e quelle di un certo tipo di individuo. Le nazioni assorbono le caratteristiche psicologiche, i pensieri, della parte della loro popolazione che ne rappresenta la maggioranza (grande semplificazione, concedetemela, poichè tale "maggioranza" si riferisce a determinate caratteristiche della personalità e della "forma mentis", ovviamente non a tutte, ma diventerebbe troppo complicato andare nel dettaglio). Ci basti constatare che tali caratteristiche comuni alla maggioranza della popolazione di una nazione sono quelle che danno il tono alla nazione stessa.


A questo punto bisogna pero' fare una considerazione e porsi una domanda: la maggioranza della popolazione non è la sua totalità, quindi ci sarà sempre una disomogeneità, qualcuno che pensa e agisce diversamente, o che almeno lo vorrebbe fare. Ma Perchè? Da dove derivano quelle caratteristiche della personalità che consentono alla maggioranza della popolazione di pensare ed agire in un certo modo, portando ad una conseguente "personalità della Nazione" come entità? Perchè maggioranza del popolo e conseguentemente la nazione arrivano a pensare in un certo modo, ad avere una psicologia collettiva, e alcuni individui nella stessa popolazione invece no?


La risposta non è lineare, ma dovuta ad una moltitudine di fattori. Ci sono diversi gradi di grigio. Eppure, la risposta finale risiede nella genetica. Ci sono caratteristiche genetiche che potrei "Mendeleviamente" definire dominanti che consentono, o forse meglio impongono, alla maggioranza degli individui di poter essere maggiormente, con varie sfumature, influenzati dall'ambiente esterno, da esperienze, cultura, pedagogia, luogo, famiglia... C'è chi assorbe gli "insegnamenti" dell'ambiente circostante con un'incredibile "efficienza", chi un po' meno ma comunque rientra nel gruppo "principale", e cosi via con alcune gradazioni di "pisello giallo" (vedi sempre Mendelev), carattere dominante. Ci sono individui il cui "imprinting" iniziale, come nell'"Anello di re Salomone" di Konrad Lorenz, non potrà piu' essere cambiato. E altri che si lasceranno piu' o meno "plasmare" da esperienze ed insegnamenti successivi. Si sviluppa cosi' una personalità Nazionale, una psicologia collettiva. Della maggioranza. Che esprimerà il Leader, e la traiettoria.


Ci sono poi i piselli verdi, i "recessivi", quelli che non assorbono quasi per niente gli "insegnamenti" dell'ambiente circostante. Quelli che hanno un compasso interno quasi non influenzabile. Questi sono sempre la minoranza, non possono conseguentemente "vincere" nella creazione della personalità nazionale. Ma la disturbano. La sfidano. La minacciano. Nel bene e nel male, a seconda dei punti di vista. Sicuramente, la osservano. La scrutano. La analizzano.


Come (certi tipi) di uomini, anche le Nazioni hanno le loro motivazioni, i loro bisogni, il loro senso di se' che puo' non essere compatibile con i bisogni e il senso di se' di un'altra Nazione, perchè gli uomini appartenenti alle due nazioni hanno ricevuto, all'inizio dei tempi o in un qualche punto della loro storia originaria, un imprinting diverso, basato su esperienze, insegnamenti, valori diversi, e questo ha plasmato identità nazionali che possono essere incompatibili, e in molti casi incomprensibili, tra loro.


I conflitti tra nazioni sono questioni di identità. Se due nazioni sono basate su valori, imprinting e prospettive diverse, accettare il punto di vista dell'altra corrisponderebbe per la prima ad un'ammissione di "essere sbagliata". Se sei giusta tu sono sbagliata io. Non c'è alternativa. Si puo' chiedere di "abiurare" se stessi? No. Impensabile. Una minaccia stessa al proprio "Essere" con la E maiuscola, alla propria Identità, alla propria legittimità di esistere. Che deve essere difesa e legittimata con ogni mezzo...con la forza, se non resta nient'altro.


Per tornare al contenuto dell'articolo e alle questioni poste come ad esempio quella delle classi o della rivolta delle donne in Iran, cio' è anche spiegabile: la stratificazione della popolazione come menzionata sopra, le gradazioni di piselli gialli, dominanti, e i pochi piselli verdi, esiste uguale in tutte le classi. Per questo, la "ricettività" e aderenza alla "psicologia nazionale" non cambia attraverso le classi. Cio' che cambia sono fattori che hanno chiaramente a che vedere con le esperienze e condizioni a cui persone nelle varie classi sono esposte, che hanno sicuramente un'influenza sulle loro azioni ma con una gerarchia inferiore a quella della psicologia nazionale, e sono contingenti a condizioni assolutamente estreme di sopravvivenza.


Per quanto riguarda la protesta delle donne Iraniane, solo per fare un esempio specifico, che si ribellano ai propri mariti e padri, artefici della società in cui sono cresciute (come riportato nell'articolo, “Si sente dire è colpa del regime. Ma il regime iraniano è composto da iraniani"...Ma questo è piuttosto un autogol verso la sua stessa dottrina, non solo perché tutti i movimenti delle donne hanno sempre saputo di dover combattere contro i maschi delle loro famiglie ma soprattutto perché sta a Fabbri doverci spiegare da dove sono state calate queste donne. Da Venere forse? Non sono anche loro iraniane e pertanto espressione dello spirito ancestrale persiano fatto così e cosà? Insomma, l’identitarismo etnico della geopolitica sembra offrire il fianco a obiezioni interne ed esterne,) si puo' spiegare con l'esistenza, come già scritto, di "diverse sfumature di giallo": nella diversa attitudine genetica ad assorbire i valori e le convinzioni dell'ambiente in cui si è cresciuti, e la possibile capacità di parte della popolazione, non di tutta, a modificare a quale narrazione si vuole credere in caso di eventi maggiori.


Ma veniamo alla domanda centrale dell'articolo:" Resta comunque da scoprire come Fabbri venga a conoscenza dell’indole di ogni popolo della terra. Quando se lo domanda da solo, si risponde così: “Come fai tu a determinare qual è la psicologia collettiva? Beh facendoti un giro per strada per esempio. Mediamente già basta”. Ancorchè tale affermazione possa sembrare quasi umoristica, non lo è affatto, contiene anzi una grande verità.


Le persone dotate di grande capacità di analisi, non derivano le loro conoscenze dalla narrazione altrui o da informazioni cristallizate e "assodate"(come fanno invece in genere gli Esperti, ma questo merita ancora un'altro capitolo), ma dall'osservazione precisa della realtà, dalla descrizione di quello che è, in contrasto a quello che si vorrebbe che fosse. L'analista, sia esso geopolitico o altro, se è davvero tale di fatto e non solo di nome, riesce a capire cio' che lo circonda, sia essa la mente umana o le dinamiche di popolazioni, o la teoria della relatività, osservando con sguardo acuto e non corrotto da preconcetti. Guarda il Mondo. E lo vede, non perchè ha imparato, ma perchè ha capito. Anche quando cio' che ha capito non puo' essere ancora dimostrato.


I piselli verdi non assorbono la "pedagogia nazionale". Analizzano il mondo e descrivono la realtà com'è, non attraverso le lenti distorte della propria percezione, dei propri desideri, dei propri bisogni, dei propri valori, delle proprie convinzioni, o da quelli di altri, ma semplicemente perchè, date specifiche condizioni e correlazioni, non puo' essere altro.


Molto di quello che scrivo trova le sue basi nella teoria di Myers-Briggs (MBTI), derivante dal pensiero e teoria di Carl Jung, dove si descrivono diversi tipi di personalità e le loro funzioni cognitive. Tali funzioni, se analizzate nella loro essenza, sono perfettamente in grado di spiegare come tipi di persone diverse traggano il loro senso di se', e di conseguenza la loro visione della realtà e la motivazione delle loro azioni, da un sistema di valori diverso, e come la maggiorparte delle persone, appartenenti ad un "sottotipo" (anche qui semplifico con S), siano predisposte a seguire la "pedagogia ufficiale" (positiva o negativa) e, poichè in maggioranza numerica, siano coloro che piu' contribuiscono alla formazione della psicologia nazionale.


Un ultimo accenno al ruolo dell'esperto e al paragone che si trova nell'articolo tra Fabbri e Orsini. Nonostante sia vero che l'Esperto è spesso una figura "pericolosa" in quanto la maggiorparte dei cosiddetti esperti trae le proprie conoscenze da informazioni e narrazioni ufficiali e magari obsolete che non necessariamente si applicano al caso in questione (senza che ne siano consapevoli), arrivando quindi a conclusioni sbagliate (non dimentichiamoci che non esistono due Sistemi perfettamente congruenti, per cui le regole che valevano in un Sistema A non varranno necessariamente in uno simile B, se non si tiene conto delle perturbazioni del Sistema dovute a differenze che vengono spesso sottovalutate, ma portano ad un funzionamento ed una traiettoria completamente diversi). Non amo gli Esperti per questa ragione, ma credo che Orsini e Fabbri siano due tipi di persona estremamente diversi, che non metterei l'uno accanto all'altro.


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I stumbled somewhat by chance upon this article in "ll Tascabile" entitled "Dario Fabbri - The Misunderstood" https://www.iltascabile.com/linguaggi/dario-fabbri-lincompreso/ , and it brings together so many themes that are absolutely central to the composition of my thinking, that I cannot help but take this opportunity to express my thoughts, if you wish my theories, on the subject.

I choose a shortcut: not a homogeneous analysis of the Whole, it would take at least a book to coherently express both the context and content and the link between the various themes discussed, but an "ad-hoc" response to each cue given by the article. For a more holistic and fluent representation of the concepts I want to express here there will be, perhaps, another occasion.

What has been occupying my mind for years now? What is the center of my thoughts? I will simplify by saying that it is the analysis and understanding of the link between biology and human actions, and to be clearer and highlight some intermediate steps, more precisely the link between biology, understood as genetics, and psychology, between anthropology and philosophy, between psychology and geopolitics. Between genetics and geopolitics.

I think the time has come to talk about "genetically personalized psychology," because psychology has a link to our genetics, and our minds and reactions are affected differently depending on the relationship between our individual genetics and the external events and environments to which we are exposed. Two different genetics will respond to the same external event differently. Because they will read it differently. Or again: the same genetic shaped by different forces, with a different imprinting, will respond differently to the same event. And since of "genetic categories" (I simplify), there are not two but many, X different people (or X populations) will have a different view and response to the same external event, depending on what contributed to their psychological imprinting. And most will have difficulty understanding the other's point of view, as they are unable to think like the other and understand their deep needs. But I'm digressing, or rather launching into a topic that would require a more thorough explanation, which I did not intend to give here.

Let me begin by saying that, Dario Fabbri, I believe that I understand him, at least in part (I hope he will allow me this presumption), unlike the adjective in the title of the article to which I refer. And this, to begin with, may be a sign that what "we think everyone thinks" is not actually so ...as we think. Who said that Fabbri is misunderstood. Misunderstood by whom? Certainly by many, I agree. But projecting what is true for one person to the totality of society as well is an error at the root of many of our problems. Or at least of most of our actions.

I would like to elaborate by saying that I will try to answer some of the questions the author poses, questions where he does not seem to find a coherent answer, or where, as he says, Fabbri himself "glosses over." Understandably so. These are what I would call hot topics. Scabrous. The genetics of the psychology of individuals, and of populations...you understand how that can be something delicate, almost dangerous...and to date, indemonstrable.

Let's begin with the statements in the article, "Fabbri's geopolitics argues for a perfect coincidence between the behavior of nations and the behavior of individuals, between social psychology and individual psychology, between one and many."

Here Fabbri finds me in partial agreement. What do I mean. There is indeed a coincidence between the behavior of nations and those of certain types of individuals. Nations absorb the psychological characteristics, the thoughts, of the part of their population that represents the majority (great simplification, allow me, since such "majority" refers to certain characteristics of personality and "forma mentis," obviously not all of them, but it would become too complicated to go into details). We need only to note that such characteristics common to the majority of a nation's population are those that set the tone for the nation itself.

At this point, however, one must make a point and ask a question: the majority of the population is not its totality, so there will always be a mismatch, someone who thinks and acts differently, or at least would like to do so. But Why? Where do those personality characteristics come from, those that allow the majority of the population to think and act in a certain way, leading to a consequent "personality of the Nation" as an Entity, why do majority of the people and consequently the Nation come to think in a certain way, to have a collective psychology, and some individuals in the same population do not?

The response is not linear, but due to a multitude of factors. There are different shades of gray. Yet, the final answer lies in the genetics. There are genetic traits that I could "Mendelevially" call dominant that allow, or perhaps impose, to the majority of individuals to be more, with various nuances, influenced by the external environment: experiences, culture, pedagogy, place, family. There are those who absorb the "teachings" of their surroundings with incredible "efficiency," those who are a little less prone but still fall into the "main" group, and so on with certain gradations of "yellow pea," a dominant character. There are individuals whose initial "imprinting," as in Konrad Lorenz's "King Solomon's Ring," can no longer be changed. And others who will be more or less "shaped" by later experiences and teachings. Thus National personality, a collective psychology, develops. The one of the majority. Which will express the Leader, and the trajectory.

Then there are the green peas, the "recessive," those who absorb almost no "teachings" from their surroundings. These are always the minority, they cannot consequently "win" in the creation of the national personality. But they disturb it. They challenge it. They threaten it. For better or worse, depending on one's point of view. Certainly they observe it. They gaze into it. They analyze it.

Like (certain kinds of) people, nations also have their own motivations, their own needs, their own sense of self that may not be compatible with another nation's needs and sense of self, because the people belonging to the two nations received, at the beginning of time or at some point in their original history, a different imprinting, based on different experiences, teachings, values, and this has shaped national identities that may be incompatible, and in many cases incomprehensible, with each other.

Conflicts between nations are issues of Identity. If two nations are based on different values, imprints and perspectives, accepting the other's point of view would correspond for the former to an admission of "being wrong." If you are right, I am wrong. There is no alternative. Can one be asked to "abjure" oneself? No. Unthinkable. A threaten to one's "Being" with a capital B, to one's Identity, to one's legitimacy to exist, Which must be defended and legitimized by all means...by force, if nothing else remains.

To return to the content of the article and the questions posed, such as the one of social classes or the women's revolt in Iran, this is also explicable: the stratification of the population as mentioned above, the "gradations of yellow peas", dominant, and the few green peas, exist with the same prevalence in all classes. Therefore, "receptivity" and adherence to "national psychology" does not change across classes. What changes are factors that have to do with the experiences and conditions to which people in the various classes are exposed, which certainly have an influence on their actions but with a lower hierarchy than that of national psychology, and are contingent to absolutely extreme conditions of survival.

As for the protest of Iranian women, just to give a specific example, who are rebelling against their husbands and fathers, the architects of the society in which they grew up (as reported in the article, "You hear people say it's the regime's fault. But the Iranian regime is made up of Iranians."...But this is rather an own-goal towards its own doctrine, not only because all women's movements have always known that they have to fight against the males in their families, but mainly because it is up to Fabbri to have to explain to us where these women were dropped from. From Venus perhaps? Are they not also Iranian and therefore an expression of the Persian ancestral spirit made so-and-so? In short, the ethnic identitarianism of geopolitics seems to offer the side of internal and external objections,) it can be explained by the existence, as already written, of "different shades of yellow" in the different genetic aptitude to absorb the values and beliefs of the environment in which one grew up, and the possible ability of part of the population to change which narrative one wants to believe in case of major events.

But we come to the central question of the article:" However, it remains to be discovered how Fabbri comes to know the character of every population on earth. When he asks himself this question, he responds thus, "How do you determine what the collective psychology is? Well by taking a walk down the street for example. On average that's enough already." Although such a statement may seem almost humorous, it is not at all; on the contrary, it contains a great truth.

People endowed with great analytical skills, do not derive their knowledge from the narratives of others or from crystallized and "established" information (as Experts generally do, but that deserves another chapter), but from the precise observation of reality, from the description of what is, as opposed to what one would like it to be. The analyst, whether geopolitical or otherwise, if he is really such in fact and not just in name, is able to understand what is around him, be it the human mind or the dynamics of populations, by observing with a keen gaze uncorrupted by preconceptions. He looks at the World. And he sees it, not because he has learned, but because he has understood.

Green peas do not absorb "national pedagogy." They analyze the world and describe reality as it is, not through the distorted lenses of their own perceptions, desires, needs, values, beliefs, but simply because, given specific conditions and correlations, it cannot be anything else.

Much of what I write finds its basis in Myers-Briggs theory (MBTI), derived from Carl Jung's thoughts and theory, where different personality types and their cognitive functions are described. These functions, when analyzed in their essence, are perfectly capable of explaining how different types of people derive their sense of self, and consequently their view of reality and the motivation for their actions, from a different values system, and how most people, belonging to a "subtype" ( again, I simplify with S), are predisposed to follow the "official pedagogy" and, because they are in the numerical majority, are those who contribute most to the formation of national psychology.

A final mention of the role of the Expert and the comparison found in the article between Fabbri and Orsini. Although it is true that the Expert is often a "dangerous" figure in that most so-called experts derive their knowledge from official and perhaps outdated information and narratives that do not necessarily apply to the case at hand (without them to realize), thus arriving at wrong conclusions (let us not forget that no two Systems are perfectly congruent, so the rules that applied to a System A will not necessarily apply to a similar one B, if one does not take into account the perturbations due to differences that are often underestimated but lead to a completely different outcome and trajectory). I don't like Experts for this reason, but I think Orsini and Fabbri are two extremely different kinds of people whom I would not compare to each other.


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